LE ORIGINI
Le manifestazioni del Triduo dei morti e delle SS.
Quarantore
hanno nella storia un lungo cammino. Le prime esternazioni si possono
collegare ai rituali della sepoltura medioevale e in particolare alla
ricorrenza annuale dei defunti, specialmente facoltosi, i quali
testarono per i loro congiunti in vita, impegni economici e morali
per cerimonie, recite e speciali allestimenti scenografici nelle
piazze e in chiesa, finalizzati alla commemorazione; il tutto in
funzione della salvezza della propria anima. Già in questo
periodo le confraternite si adoperavano con atti di misericordia
verso i morti abbandonati in luoghi diversi senza un segno o una
preghiera. Queste fratellanze di formazione laica, per
l’esclusiva
loro composizione di associazione di popolo, assumevano compiti di
attenta supplica e propiziavano riti di speranza per l’anima dei
moribondi; attendevano alla sepoltura e preghiere di intercessione
per i defunti con liturgie di suffragio invocando i santi
protettori. Il rito dell’adorazione del SS. Sacramento,
esposto sull’altare
in queste ricorrenze, era di frequente richiamato nei testamenti
più
esigenti. Le confraternite si adoperavano, oltre all’assistenza
pro
anima, in solenni raduni di preghiera e momenti di riflessione sulla
morte in suffragio degli associati scomparsi con allestimenti di
apparati per richiamare il popolo alla fede e glorificare Dio in
solennità. Anche sotto il titolo delle SS. Quarantore
troviamo riti di
adorazione e cerimonie singolari, con viva devozione di popolo,
ancora prima che la chiesa disponesse, nei canoni dei riti, regole
per l’adorazione dell’Ostia consacrata. Il riconoscimento
ufficiale dell’adorazione dell’Ostia, esposta
all’osservazione
del fedele, avviene dopo il miracolo di Bolsena del 1263. Si può
conferire al concilio di Trento l’indicazione e
l’istruzione, con
propri decreti, al cerimoniale dell’adorazione a conferma della
teologia che vuole la presenza perenne del corpo di Cristo
nell’Ostia consacrata durante la s.
messa. Da qui la solennità delle funzioni religiose e il
conseguente allestimento di apparati per celebrare con magnificenza
la presenza di Cristo. Tra le tracce della storia di ogni
città troviamo
riferimenti di insigni apparati realizzati per grandi manifestazioni
pubbliche, private e religiose capaci di mitigare o sostituirsi alle
forme architettoniche urbane esistenti, realizzate con fantasiose
ambientazioni di uso profano e religioso. Veri studi di
sperimentazione architettonica venivano ideati ed elaborati da
illustri architetti o artisti del tempo in grado di rivaleggiare, per
ordine e armonia di forme con le vere strutture architettoniche
della città. Ideali strutture effimere trasformavano le
visioni prospettiche delle vie e delle piazze la città in
onore all’ospite, e le cattedrali mutavano i volumi per la
rievocazione di avvenimenti biblici. Le occasioni profane per
fabbricare impianti scenografici di grande effetto spettacolare in
grado di suscitare emozioni erano i matrimoni, le visite alla città
o le esequie funebri di personaggi illustri. Nel sacro, gli apparati
si organizzavano in concomitanza di festività religiose. Particolari
scene di movimento ascensionale con figure umane e
impianti scenici, installati tra le cupole delle chiese,
manifestavano in simbologie l’avvenimento evangelico in onore a
Dio
e per il giubilo del popolo. Anche tra le cronache bresciane
troviamo descrizioni di
allestimenti scenici nelle piazze cittadine in occasione
dell’ingresso nella città dei cardinali alla cattedra
episcopale come Giovanni Molino 1762 e Giovanni Andrea Archetti 1784.
Degni di nota sono gli allestimenti scenografici per l’evento
liturgico delle SS. Quarantore nel duomo vecchio nel 1615, o
l’impianto triduale dei morti del 1730 nella chiesa di S.
Giuseppe
in Brescia. Non mancano tra i documenti storici relazioni su
cerimonie religiose, organizzate anche in paesi sparsi tra le valli,
esaltate dalla machina del Triduo e con la presenza di predicatori
illustri attenti ad spronare il popolo alla fede e alla
penitenza. Dalle strutture effimere e dalle complesse forme
architettoniche e
decorative, costruite per magnificare gli avvenimenti profani e
religiosi, deriva la macchina del Triduo come oggi viene ammirata
nelle sue forme trionfali. Questo effimero impianto è stato e
rimane motivo di richiamo e di rinforzo alla fede tradizionale, con
spunti di rinnovato entusiasmo del mondo moderno verso il
sacro. La diffusione della macchina di esposizione del SS.
Sacramento è
una cultura che si afferma dopo il concilio di Trento e diffuso in
tutta l’area cattolica. La cerimonia del triduo dei morti,
reintrodotta in molte nostre parrocchie, è una
specificità
religiosa del territorio bresciano e bergamasco. |