Conosciuto nel linguaggio popolare come la Madonnina, il santuario venne fondato anticamente sotto le pendici del colle di S. Stefano, nelle adiacenze di un importante monastero, lungo la strada romana che dal ponte Crotte giungeva attraverso Urago Mella a Collebeato e, passando per S. Vigilio, nella bassa Valle Trompia. Si tramanda per tradizione popolare che nel luogo dove sorgeva la primitiva cappella, forse dedicata nel XV secolo alla Madonna del Patrocinio (con riferimento alla confraternita che vi prestava opera di carità cristiana), fosse avvenuta una miracolosa apparizione della Beata Vergine in veste di Addolorata: lì sarebbe stato quindi consacrato un più ampio e maestoso edificio. L’attuale impianto in stile rinascimentale a croce greca fu probabilmente costruito tra il XVI e la prima metà del XVII secolo, secondo il modulo proporzionale del rettangolo aureo. Nel corso del ‘700 nuovi lavori comportarono il rifacimento della facciata, la ricostruzione del campanile e la realizzazione della preziosa decorazione pittorica dell’interno: Pietro Scalvini dipinse in età giovanile (tra il 173 7 e il 1739) il ciclo di affreschi dedicati alla complessa iconografia mariana, ricca di riferimenti allegorici alla purezza e alle virtù teologali incarnate dalla Vergine. Negli altari laterali sontuose soase, con ricche decorazioni floreali e illusorie architetture barocche, fanno da cornice a due tele, i Santi Gaetano e Fermo in adorazione del Bambino, dipinta dallo stesso Scalvini nel 1749, e il Compianto del Cristo con S. Giovanni Battista e la Maddalena, attribuita al pittore cinquecentesco Callisto Piazza. Nello spazio a ottagono irregolare della navata, punto di incontro dei bracci della croce greca, si eleva una cupola a calotta sferica resa eterea dalle eleganti decorazioni. Tangenti a essa, ampi archi trionfali su un ordine gigante di paraste con capitello corinzio si piegano a libro in prossimità dei raccordi angolari e introducono negli spazi complementari: l’ingresso principale; le cappelle secondarie con brevi volte a botte e il
presbiterio, un ampio vano quadrato voltato a vela. Il braccio della croce greca occupato dal presbiterio risulta più allungato rispetto agli altri: questa soluzione compositiva permette una mediazione tra l’ideale geometrico e simbolico rappresentato dalla pianta centrale e il tradizionale schema a sviluppo longitudinale di tipo basilicale, dove lo sguardo del fedele viene indirizzato verso l’altare maggiore. La facciata principale, composta da un ordine sovrapposto di lesene binate, tuscaniche e ioniche su un piedistallo continuo, si conclude con un frontone curvilineo, così come l’armonioso portale in pietra di Botticino. Profonda è sempre stata la devozione degli abitanti al santuario della Calvarola anche grazie all’opera della scuola del Rosario, cui venivano elargite offerte per la celebrazione della messa, soprattutto in caso di pubbliche calamità: prima dei lavori di restauro iniziati nel 1973, erano appesi lungo le pareti del presbiterio numerose tavolette e oggetti votivi, poi trasferiti nella chiesa parrocchiale. Una recente dimostrazione di spontanea gratitudine alla Madonna della Calvarola è il nome dato a una varietà floreale di camelia, la Vergine di Collebeato, che si coltiva in questo paese posto al confine con la Franciacorta.
estratto da Santuari e Cappelle Votive – di Carla Fausti – Comunità Montana Valle Trompia