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Restauro affreschi al Santuario della Calvarola

Pietro Scalvini domina senza dubbio la ribalta della pittura bresciana tra il 1740 ed il 1760 e si inserisce con caratteristiche artistiche ben connotate, tra la stagione del Pitocchetto e dei Paglia e l’epoca del Savanni e del Cattaneo. Per la vivacità dell’ispirazione e la freschezza della tavolozza, il pittore appare insuperabile, sia nell’affresco che nella pittura ad olio, spaziando dalla figura, all’architettura, alla pittura di fiori e alle nature morte. Immensa è la sua produzione, sostenuta dall’abilità tecnica e dalla estrema velocità di esecuzione, che, a dispetto della quantità dei lavori, presenta sempre altissima qualità artistica. Lo Scalvini firma quasi sempre le opere e ci aiuta così a riconoscerlo, mentre si nasconde un po’ nelle carte d’archivio, dove non viene nominata la sua professione. Grazie alle tenaci ricerche di Carlo Sabatti sappiamo oggi che il pittore nasce il 21 marzo 1712 nella parrocchia di s. Faustino Maggiore di Brescia e lì muore il 22 febbraio 1793. La sua vicenda biografica si sviluppa perciò su un periodo più lungo rispetto a quanto aveva fissato la vecchia storiografia artistica bresciana, che restringeva la vita dell’artista tra il 1718 ed il 1790.

A Collebeato, nel Santuario dedicato alla Beata Vergine Assunta in Cielo, conosciuto anche come Madonna della Calvarola, familiarmente chiamato dai Collebeatesi “La Madunina”, incontriamo le primizie del linguaggio di Pietro Scalvini che delinea nel 1737, nella cupola della navata, gli Evangelisti e due anni dopo, nella cupola del presbiterio, l’Assunta e, nel catino absidale, gli Apostoli intorno al sepolcro vuoto. Sono affreschi di grande respiro e dimostrano già nel giovane artista il talento che esploderà negli affreschi del Santuario di S. Bartolomeo di Magno di Gardone Valtrompia, un lavoro che coinvolse l’artista dal 1742 agli anni sessanta del Settecento. Ma anche nel Santuario di Collebeato lo Scalvini ritorna più volte: lo troviamo ancora nel 1749 per la tela dell’altare di S. Fermo e poi, a più riprese, per la pirotecnica tela intorno al dipinto cinquecentesco dell’altar maggiore, per il paesaggio alle spalle della Deposizione, per le finte architetture, esuberanti e cariche di fiori, dipinte ad affresco sopra tutti e tre gli altari. L’entusiasmo degli abitanti di Collebeato per la genialità dello Scalvini si tradusse anche nella commissione di alcuni ex voto per il Santuario e per l’altare della Madonna di S. Luca nella Parrocchiale.

Il rispettoso e morbido restauro degli affreschi che sovrastano l’area presbiteriale del Santuario, appena concluso ad opera di Michele Massarelli e del team della Techne-Restauri, con la collaborazione tecnica dell’Ing. Sandro Guerrini, consente finalmente di apprezzare tutte le preziosità e le luminosità dello Scalvini e di aprire nuove conoscenze sulla sua produzione. I puttini con cartigli e fiori, raccolti nei medaglioni dei peducci della cupola, sono assai  vicini ai genietti dell’affresco del salone di Palazzo Lodrone-Montini in Concesio e ne confermano l’attribuzione al nostro artista, con una collocazione cronologica sempre intorno al 1739 e con il sospetto che il pittore si sia alternato tra i due vicini cantieri. Il restauro di Collebeato, seguito con attenzione dal Dott. Angelo Loda della Soprintendenza di Brescia e Bergamo, era particolarmente impegnativo perché riguardava un’opera con numerose finiture a secco e con viraggi della biacca in alcuni incarnati. Inoltre gli stucchi delle medaglie e delle cornici presentavano esfogliazioni e ridipinture. Un paziente intervento a bisturi ha portato alla riscoperta delle antiche scritte nei cartigli e delle ombreggiature plastiche nelle cornici, rimuovendo sbiancature sorde ed uniformi. Alla fine del lavoro, il cielo sopra l’altare dispiega tutte le sfumature cromatiche delle  nuvole e gli Angeli si muovono con armonia e luminosità intorno all’immagine dell’Assunta: tutto ruota, si agita, sale verso il Paradiso, partendo dalla concitazione degli Apostoli che circondano il sepolcro vuoto.

Accanto ad esso, su una roccia a destra, il pittore si firmò orgogliosamente Piet. Scaluino / Pint. A.D. 1739.

Comprensibile la soddisfazione del Parroco don Roberto Guardini e dei fedeli di Collebeato per la felice conclusione di un lavoro che contribuirà con la sua luminosità a rapire verso il cielo lo sguardo dei pellegrini che accorreranno nel Santuario per venerare la Madonna, e che garantirà nel tempo la sopravvivenza di una grande opera d’arte.

(f.to Ing. Sandro Guerrini)

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